Lo smart working, per come si è concretamente realizzato nell’esperienza internazionale e italiana, nel settore privato come nel settore pubblico, è un nuovo modello di organizzazione del lavoro che supera definitamente la logica fordista dell’ufficio-fabbrica. Esiste un’ampia evidenza empirica dei numerosi e tangibili benefici che questo modello produce per lavoratori, organizzazioni e collettività.
Il successo dello smart working passa dalla presa di coscienza “culturale” del nuovo strumento, del suo significato, di ciò che è e di ciò che non è, da parte di tutti (management e lavoratori). In particolare, lo smart working non è una nuova misura di welfare da calare nel tradizionale sistema di esecuzione dell’attività lavorativa.
La progettazione dello specifico modello di smart working da adottare in concreto presuppone, un’attenta analisi delle variabili strategiche e del contesto istituzionale (in particolare normativo, giuridico e contrattuale) e degli specifici bisogni che si deve perseguire e degli obiettivi che s’intende privilegiare. È tuttavia chiaro che la convinta adozione di un modello evoluto di smart working, che preveda la completa liberalizzazione dei tempi e dei luoghi di lavoro, comporta la radicale messa in discussione di gran parte degli istituti lavoristici attuali o comunque la loro obsolescenza.
Lo smart working è un patto tra datore di lavoro e lavoratore: il primo concede al secondo maggiore autonomia nell’esecuzione dell’attività lavorativa, in cambio di un maggior orientamento al risultato.
L’evidenza empirica ha dimostrato che questo modello organizzativo sprigiona tutti i suoi benefici effetti solo laddove non venga imbrigliato in vincoli di natura quantitativa, come soglie minime o massime di lavoro fuori ufficio o moduli predeterminati di alternanza tra lavoro in ufficio e lavoro in presenza. La presenza in ufficio deve essere rimessa alla totale discrezionalità del lavoratore, fermi restando i vincoli organizzativi, di coordinamento, formazione e relazionali che il management (dirigenza e quadri intermedi) fissano per il corretto funzionamento dello stesso modello
Lo smart working, al di là del suo fondamento pattizio, è soprattutto un modello organizzativo TOTALE, che riguarda tutti i lavoratori e l’intero management, indipendentemente dalla effettiva localizzazione dell’attività lavorativa di ciascuno nel tempo e nello spazio. Esso interessa direttamente anche chi lavora esclusivamente in ufficio: chi utilizza a pieno le modalità di lavoro agile, condiziona anche chi non sceglie la flessibilità.
Da questo punto di vista, emergono per la dirigenza nuove responsabilità e la necessità di nuove abilità con riferimento al coordinamento dei gruppi, alla formulazione di nuovi protocolli di comunicazione, team building, strumenti innovativi di misurazione dei risultati ecc.
E si pone l’opportunità di un radicale ripensamento dei luoghi di lavoro, delle (ormai) vecchie sedi e agenzie territoriali, al di là degli intuibili potenziali risparmi sui costi immobiliari. L’ufficio può diventare il luogo privilegiato, con valenza anche simbolica, di relazione e confronto interpersonale in cui si richiede (o è finalizzata alla costruzione di) empatia. Parte degli uffici possono trasformarsi da stanza assegnate ai singoli per l’esecuzione e il controllo dell’attività lavorativa, in “pensatoi”, luoghi di incontro e sviluppo relazionale e formazione.
Commenti
Showing Public (0)
0VOTI
Non puoi votare la